Il
matrimonio, secondo una recente determinazione dell’Assemblea nazionale
francese, è "un accordo tra due persone di sesso diverso o del medesimo
sesso". Di fronte a siffatta affermazione è d’uopo quantomeno evidenziare
come dall’etimologia della parola emerga un significato che per nulla può
adattarsi a una simile definizione. La
parola mariage infatti, secondo Benoît De Boysson (dottore in diritto e
ricercatore presso il centro di diritto della famiglia a Lione) deriva da maritare, da ricollegarsi secondo
l’etimologia tradizionale a mas/maris (parola latina che indica il maschio) ma
anche a matrimonium che designa in
latino il matrimonio e deriva da mater, la madre (http://unionrepublicaine.fr/mariage-pour-tous-on-ne-peut-resoudre-les-maux-de-notre-societe-en-annihilant-le-sens-et-le-poids-des-mots/). È evidente che, sulla base di quest’ultima etimologia, anche la parola francese
mariage, così come quella italiana
matrimonio, reca in sé il senso della procreazione attraverso la donna che,
natura vuole, sia resa madre da un uomo, il che esclude l’unione omosessuale. A
partire da questa semplice considerazione appare evidente come nella recente
determinazione dell’Assemblea Nazionale Francese vi sia un’insanabile e
inaccettabile contraddizione in termini. Tra l’altro va da sé che la natura, da
sempre, ha indicato all’essere umano la strada della sua piena maturità psico-fisica
nella ricerca dell’altro sesso, con il quale può generare la vita e garantire
la continuità della specie. L’incontro omosessuale, al contrario, può
giustificarsi solo come una scelta culturale oppure come un’inclinazione
genetica, che porta una minoranza di esseri umani a un’unione sterile, incapace
di generare la vita. Perciò, fermo restando il diritto degli omosessuali di
essere tutelati e accolti nel tessuto sociale, come sancito anche in sede europea,
resta il fatto che non si possono forzare le leggi naturali impresse nel DNA
dell’essere umano, con una legislazione che per non discriminare, diventa
ingiusta non riconoscendo la naturale vocazione dell’uomo a unirsi a una donna,
e viceversa, per generare figli e formare una famiglia. Sostenere
che il matrimonio è la stessa cosa dell’unione omosessuale è falsarne il
significato e adulterare la dimensione teleologica della natura umana. Al
riguardo concordo pienamente con quanto l'Arcivescovo Vincenzo Paglia,
Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha detto nel suo
intervento, lunedì 4 febbraio u.s., alla conferenza stampa sul tema Da Milano a Philadelphia: le prospettive del
Pontificio Consiglio per la Famiglia. Presentazione degli Atti di Milano 2012: “Nelle diverse epoche storiche ci sono state
trasformazioni talora anche profonde nell’istituto familiare, mai però è venuto
meno il suo 'genoma', la sua dimensione profonda, ossia essere una istituzione
formata da uomo-donna e figli. Per questo è urgente una attenta riflessione
culturale e una più vigorosa difesa della famiglia perché sia posta – e con
fretta – al centro della politica, della economia, della cultura, sia nei
diversi paesi che nelle altre istanze internazionali e con il coinvolgimento
anche dei credenti di altre tradizioni religiose e di uomini di buona volontà.
È una frontiera che riguarda le fondamenta stesse della società umana. Di qui
l’interesse straordinario della Chiesa soprattutto in questo momento
storico".
Pier
Vincenzo Rosiello