venerdì 27 aprile 2012

Otto nuovi sacerdoti per la diocesi di Roma

Domenica 29 aprile, Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, alle 9 nella basilica vaticana il Santo Padre presiede la Messa durante la quale conferirà l’ordinazione sacerdotale a 9 diaconi provenienti dai seminari diocesani. Otto diventeranno sacerdoti per la diocesi di Roma. Insieme a loro sarà ordinato per la diocesi di Bui Chu anche il vietnamita GIUSEPPE VU VAN HIEU, formatosi anche lui nella Capitale, all’Almo Collegio Capranica. Dalla Capranica arriva anche don PIERO GALLO, 42 anni, alle spalle una carriera da magistrato e quindi, per 8 anni, da avvocato dello Stato. «L’esperienza che ha cambiato la mia vita? L’ascolto delle catechesi sui dieci comandamenti», riferisce. Tre i nuovi presbiteri provenienti dal Pontificio Seminario Romano Maggiore: don GIUSEPPE CIPPITELLI, don CLAUDIO FABBRI e don ALFREDO TEDESCO. Quest’ultimo, formatosi nell’Azione cattolica della parrocchia di Santa Maria della Mercede, fidanzato, laureato in chimica, racconta di aver avvertito presto che «la realtà che vivevo mi stava stretta». A 22 anni entra al Maggiore per l’anno propedeutico. Domenica a San Pietro alla celebrazione per la sua ordinazione parteciperà anche la sua ex fidanzata con il futuro marito. Al Collegio diocesano Redemptoris Mater si sono formati infine gli ultimi 4 ordinandi: il trentenne ivoriano JEAN FLORENT AGBO; il colombiano JORGE ALEXANDER SUAREZ BARBARAN, 31 anni; DANIELE NATALIZI, ventisettenne originario di Vicenza, e il romano MARCO SANTARELLI, che compirà 30 anni a novembre. Pilota di aereo privato con il sogno di portare, un giorno, un Boeing 747, don Marco parla della Giornata mondiale della gioventù di Toronto, nel 2002, come occasione nella quale la chiamata da parte del Signore lo ha raggiunto in modo significativo «attraverso le parole di Giovanni Paolo II che invitava i giovani a seguire Gesù Cristo senza paura». Due anni dopo entrava in seminario, accompagnato dalla sua comunità neocatecumenale

domenica 15 aprile 2012

Nella famiglia un modello sostenibile di economia

È in atto un periodo di profondo cambiamento, in cui il modello economico, basato sul consumismo, è entrato profondamente in crisi: il capitale non è più in grado di produrre ricchezza anzi, disorientato dalla malattia del consumo, incomincia a distruggerla provocando gravi disagi sociali. In questo quadro le banche cercano di porre degli argini alla speculazione finanziaria, obbligando i governi a politiche di rigore e austerità economica, ma senza interventi mirati capaci di incidere sul modello socio-culturale, tali politiche rimarranno sterili e non produrranno gli effetti sperati anzi potrebbero accrescerli con conseguenze imprevedibili.
Occorre ripartire dalla famiglia che è la cellula primaria della società. Cosa è successo? Da un modello di famiglia patriarcale delle società agricole, in cui genitori e figli rimanevano in relazione condividendo lavoro, beni e servizi, si è passati a famiglie in cui questo legame è stato drammaticamente reciso con l’affermarsi di società industriali, la cosiddetta famiglia nucleare. Il modello tradizionale di famiglia si è poi gradualmente affievolito, fino a giungere, sotto i colpi di divorzi e separazioni, a composizione assai variegate. A quello che era l’istituto religioso e giuridico per costituire la famiglia, cioè il matrimonio, si sta sostituendo gradualmente la convivenza anche tra appartenenti allo stesso sesso, pur costituendo di fatto una coppia. Purtroppo la famiglia, se anche conserva le stesse tutele, è intrinsecamente più debole e meno sicura. Sempre più giovani rinunciano a sposarsi perché senza lavoro o non in grado di progettare un futuro sicuro con un'altra persona a lungo termine, né tanto meno avere figli.
Qual è il rimedio? Forse avere strette relazioni con le famiglie di origine non è del tutto negativo come i maniaci dell’emancipazione ci fanno credere, ma può costituire un punto di riferimento in una società che si sta sfaldando e in cui predomina l’egoismo e il relativismo. Questa vicinanza potrebbe essere l’inizio di un nuovo modello di famiglia e di società, in grado di innescare quelle forze positive e virtuose che possono farci superare questa crisi economica, sociale ma anche culturale. L’esperienza della solidarietà e del sostegno reciproco tra genitori figli, suoceri e generi, fratelli può contribuire a far nascere quel senso di fiducia verso l’altro che ormai esiste sempre meno e stimolare progetti, anche imprenditoriali, per la crescita e il progresso della società civile. Superare le diffidenze e interagire in comunità solidali è un segno già presente in molti mondi del volontariato e delle associazioni onlus, che alla legge del profitto antepongono quella della tutela e del rispetto della dignità umana. Per superare la crisi occorre riappropriarsi degli antichi valori della nostra storia culturale per riproporli con nuove energie in forme adeguate ai tempi.
Occorre che le forze migliori del Paese si coalizzino per spazzare le bugie di alcune ideologie del passato e del presente, alla luce del buon senso comune, dell’equità e della ragionevolezza umana. Senza fare paternalismi o lanciare strali moralistici, tutti dovrebbero impegnarsi per orientare gli uomini e le donne verso questo modello sociale allo scopo di traghettare l’Italia e l’Europa oltre la crisi che prima si essere economica, è una crisi culturale, etica e sociale. Chi combatte contro la famiglia attacca l’intero genere umano, perché ne mina i basilari principi di convivenza. Come si può chiedere la pacificazione dei popoli se poi si è divisi all’interno delle proprie famiglie a causa di rancori, odi, invidie e gelosie? Bisogna restituire all’uomo la fiducia nella bontà dell’altro uomo, questo è il precetto più efficace contro la crisi. Per far questo, però, bisogna diffondere modelli sani di convivenza sociale e creare regole, condivise da tutti, per suscitare forze di integrazione e per rompere l’alienazione sociale suscitato dal divario di ricchezza.
Riportare l’umanità a una giusta visione del mondo e di se stessa è un compito imprescindibile di qualsiasi politica che intenda adoperarsi per il bene comune. Recuperare la giusta percezione dei reali bisogni dell’uomo, abbattendo il mito della panacea del denaro, che da solo non potrebbe soddisfare alcun bisogno umano se non fossero le società ad attribuirgli tale valore.
La ricerca sfrenata di ricchezza non è un bisogno essenziale dell’uomo, ma il sistema economico basato sul consumismo instilla nell’animo umano questo bisogno innaturale. L’uomo vale quanto possiede, il suo valore si misura con la moneta. Questo è il vero e più grande male dell’uomo odierno e di questa società, che arriva a disprezzare anche la vita a causa del valore che la società attribuisce al denaro. L’uomo non è nato solo per consumare, per fare shopping e acquisti, né tanto meno per produrre beni da vendere, se fosse così il suo sarebbe un ben miserabile destino. L’uomo non è nato per prevaricare l’altro allo scopo di conquistare maggiori guadagni con le guerre e gli imbrogli. Se è ammissibile una sana competizione per il progresso dell’umanità e per il miglioramento delle condizioni di vita della società civile, non è però neanche questo lo scopo finale dell’uomo.
I filosofi da sempre si interrogano, ma senza dare una risposta assoluta, sul perché della vita dell’uomo. Questo non si significa però che non ci sia una risposta. Anzi forse ne esistono diverse a seconda dei tempi e delle condizioni che scandiscono la storia dell’umanità. Le religioni danno, da sempre, la loro risposta che attraverso i secoli continua a conservare l’originaria nota positiva. Una fede è sicuramente una forza capace di tirare fuori dall’uomo le sue energie migliori, perché lo porta ad assumere un atteggiamento positivo di fiducia verso l’altro, che lo porta oltre i suoi limiti, le sue paure e le sue debolezze. Questo è un altro elemento da considerare; sicuramente una società credente è più forte e positiva di una atea o peggio relativista. Chi voglia cercare, dunque, l’origine della crisi della società che si ripercuote anche sulla sua economia deve farlo nell’incapacità dell’uomo di oggi di una ben che minima fiducia in qualcuno o in qualcosa, convinto che tutto sia lecito, se anche produca un piacere momentaneo a cui segue un lungo dolore. Le nuove generazioni non vedono il proprio futuro, a causa dell’insipienza delle vecchie.
Le medicine non servono, perché non è il corpo a essere malato ma il cuore e la mente. Occorrono esempi concreti positivi da diffondere in tutti i modi e attraverso tutte le forme di comunicazione; sono gli esempi che educano e instillano nell’animo umano un sano desiderio di emulazione che genera la sua realizzazione e quella degli altri. Molti giovani non riescono a trovare il proprio posto nella società. Ma di chi è la colpa? Non certamente loro. Alcuni meno giovani questo posto lo stanno perdendo. Ma di chi è la colpa? Non certamente loro. La mondializzazione è per molti un incubo e un malanno. Ma di chi è la colpa? Non certamente loro. L’Unione Europea rappresenta per tanti una gabbia e una delusione. Ma di chi è la colpa? Non certamente loro. Insomma. Chi ha responsabilità di Governo deve confrontarsi con questi interrogativi a cui dovrà dare una risposta che non segua solamente i principi della finanza e del diritto, ma si apra a una visione integrale dell’uomo e della sua storia. La famiglia è una risposta? Forse no. Ma sicuramente è un punto di partenza, è la strada giusta da imboccare per trovare le risposte giuste per superare la crisi di questo secolo.
di Pier Vincenzo Rosiello

martedì 3 aprile 2012

ZIO LIBORIO

Estroso e sempre vestito a festa,
dall’agile passo senatoriale
con aria talora un po’ marziale
e la sua marcia discreta e lesta.

Bello e creativo principe del foro
d’ingegno arguto e alto di statura,
fine intenditor d’arte e di scrittura
e desideroso di fregiarsi d’alloro.

Amante di viaggi e pellegrinaggi
con molta devozione a Medjugorje
riceve alti pensieri dai messaggi

della Vergine Madre tutta bella,
portando lieto agli amici più cari
l’annuncio fiducioso della stella.

di Pier Vincenzo Rosiello

MESSER PAOLO

Umbro e fiero delle sue tradizioni
sempre distinto e di buone intenzioni.
Ottimo stratega e principe del foro
il suo eloquio è più pregiato dell’oro.

Mossa dopo mossa arriva allo scacco
assai orgoglioso di ogni suo attacco.
Eletto da Euterpe il cielo mira
muovendo alto le corde della lira.

Nobile di sentimenti e ispirazioni
sul lavoro non conosce padroni.
Leale con gli amici e generoso

goliardicamente è sempre gioioso.
Gode di stima e di apprezzamento
Per essere rispettoso e di talento.

di Pier Vincenzo Rosiello