domenica 13 febbraio 2011

L’evoluzione dell’identità personale nella pittura dell’artista Federica Di Carlo

Un avvenimento che ha riscosso successo nell’Urbe. Tra gli eventi più recenti del panorama artistico della Città Eterna spicca la mostra I Saltatori” della pittrice Federica Di Carlo, curata da Valentina Bernabei, tenutasi dal 13 gennaio all’8 febbraio presso la Casa Internazionale delle Donne (sala Magnolia), in via della Lungara n. 19. Nella personale l’artista racconta l’evoluzione della sua identità, un cambiamento alimentato dagli eventi che la coinvolgono durante la sua esistenza.
La Di Carlo è nata a Roma nel 1984 e vanta una solida formazione professionale: laureatasi cum laude all’Accademia di Belle Arti di Roma, si è specializzata in fotografia alla Escola Massana di Barcellona. L’artista romana è stata protagonista
di altri eventi nella Capitale: la mostra personale Test d'identità
(Torretta Valadier
-
gennaio 2010) e diverse mostre collettive tra cui Play the Game, Ophelia!  I'm (Galleria RossoCinabro - marzo 2010). Il titolo della mostra I saltatori è emblematico. Coloro che saltano sono i superstiti e rappresentano lo scontro che avviene con il dolore dovuto alla perdita di una persona cara: il dolore, la morte ma anche la cura. L’idea di questa serie di pitture – ci ha detto Federica Di Carlo – nasce dalla perdita di una persona a me cara e dal cambiamento avvenuto in me a seguito di questo evento. Molti dei mie lavori sono incentrati sull'idea che l'identità personale viene composta, alimentata, nutrita dagli eventi che la coinvolgono, ma soprattutto dalle persone con le quali, per un motivo o per un altro, si entra in contatto sia in maniera casuale che volontaria”. In sala sono state esposte tre installazioni che assumo sia la forma di un prato di papaveri sia la forma simbolica (dalla struttura quadrata con la base in legno) di una tomba. “Per sottolineare la valenza di tomba – ha spiegato Federica Di Carlo – su ognuna di esse sono state scritte a mano date di nascita e di morte di persone che ho perso, solo numeri nessun nome”. La scelta del papavero è dovuta da un lato al suo colore forte e deciso, dall’altro al fatto che questo fiore simboleggia un veleno che però, se usato in dosi ridotte, possiede proprietà medicinali. Inoltre il papavero è associato al simbolo del potere. L'idea dell’artista era quella di riunire in uno stesso segno “il virus e la cura, la morte e l'assimilazione di essa”. La luce al neon serve per unificare ancora di più quadro e installazione, nonché a dare un’atmosfera, in termine di luci, surreale. Alle
spalle di ogni istallazione è stata posta una figura, due donne e un uomo, ritratta nel momento del salto. Un aspetto dell’esistenza di tutti che ci coinvolge intimamente e ci cambia profondamente. Sono tempi della vita drammatici, quelli a cui si è ispirata Federica Di Carlo, che ci portano a uscire fuori da noi stessi e a saltare, appunto, per continuare a vivere nonostante tutto. Sono momenti critici e di grande decisione, in cui chi è provato dal dolore deve scegliere se trovare una ragione di vita più grande per superare l’angoscia della morte. Molti sono saltatori inconsapevoli nella gara a ostacoli della vita, la Di Carlo ha il merito di averci con la sua pittura svelato questa intima condizione dell’animo umano, che partecipa, anch’esso, del movimento perenne dell’Universo, ampliando il suo grado di conoscenza della realtà.
“Il saltatore dopo un lungo periodo di apatia e dolore – ha precisato la giovane artista – deve ad un certo punto decidere se SALTARE questo dolore, tenere nel cuore il proprio caro e andare avanti con la propria vita. Proprio questo istante ho voluto rappresentare attraverso il gesto fisico del salto. La parabola del saltatore è in breve, la raffigurazione del lasso di tempo durante il quale una persona gestisce il proprio lutto. L’esatto momento del salto da me scelto è, invece, il momento in cui la spinta verso l'alto è già avvenuta ed il corpo è tra la sospensione e l'accenno della discesa”.
                                                                                                  di Pier Vincenzo Rosiello









sabato 12 febbraio 2011

Nessuno tocchi il 17 marzo

Possiamo discutere di tutto ... ma l'unità nazionale è un valore "assoluto" del popolo italiano. Non si possono mascherare dietro bieche ragioni economiche motivazioni di assai poco lungimirante visione della realtà e della politica. Mettere in discussione l'opportunità della festa del 17 marzo, 150° anniversario dell'unità d'Italia, in una situazione politica, qual è la nostra, è ancora più grave perché finisce per scaricare le divisioni degli opposti schieramenti politici sul Paese, arrivando addirittura a proiettare siffatte divisioni sulla sua storia e sull'identità della nazione italiana. Tra l'altro non festeggiare l'unità d'Italia finisce per far passare tra la gente un messaggio "distorto" sull'orientamento politico del Governo che si appresta a portare in Camera e in Senato "il federalismo fiscale". Sicuramente il popolo italiano si sentirà deluso e avvertirà l'amaro in bocca di una fedeltà tradita, la propria e quella dei propri padri e dei propri nonni e bisnonni.  Buona festa del 150° a tutti. Pier Vincenzo Rosiello

martedì 1 febbraio 2011

Politica italiana: urge una carta deontologica

La tempesta scoppiata sul premier Berlusconi lascia tutti perplessi: non si tratta, infatti, di scandalo politico "tout court", ma sembra avere, piuttosto, i connotati di una battaglia politica. Purtroppo anche i pm di Milano sono caduti nella rete mediatica, che li vede parte in causa della "piece" che viene quotidianamente  messa in scena per il piacere del pubblico pagante. Un po' come avviene per certe vicende giudiziarie che occupano la gran parte delle cronache di giornali e tv: basti pensare alla vicenda di Avetrana.  Ancora una volta al popolo si offre panem et circenses, mentre la nostra Italia ristagna in una crisi economica, culturale, morale e religiosa, forse senza precedenti.  Chiunque ha la chiara percezione che si voglia a tutti i costi dare una spallata al Governo Berlusconi. Ma qual è la ragione?  E' davvero possibile pensare che il destino del Paese dipenda dalle notti "segrete" di Arcore?  Ci sono schieramenti politici che in passato hanno osato candidare e far eleggere prostitute e travestiti. Allora qual è la ragione? Lo scontro intestino tra Fini e Berlusconi, che ha portato alla nascita del FLI e del terzo polo? Se è così non si capisce la posizione di PD e di Italia dei Valori. A un certo punto sembrerebbe addirittura che Fini, passato improvvisamente all'opposizione, utilizzi la carica istituzionale di Presidente della Camera per combattere la maggioranza e delegittimare il Cavaliere. Uso sempre il condizionale perché, come ho detto, siamo immersi in una rappresentazione teatrale, una sorta di fiction che non si sa bene quanto sia vicina o lontana rispetto alla realtà. E così mentre Marchionne piega i sindacati alle ragioni del mercato e i lavoratori scelgono la via stretta pur di conservare lo stipendio, i politici si guardano l'un l'altro in cagnesco rivendicando ragioni larvatamente legate agli scheletri delle ideologie del passato. La partita è ancora aperta. Ha ragione il Papa a mettere il dito nella piaga: la coscienza, la morale. Anche la Chiesa ha fatto il "mea culpa" colpita dalla corruzione dei costumi di questa società senza valori. Chiedere ai politici di essere esempi di una morale laica alta ed esigente non è sbagliato. Le figure chiamate a guidare il popolo devono avere il coraggio, al di là delle proprie debolezze e degli errori eventualmente commessi, di indicare esempi di alta moralità. Chi scredita il Presidente del Consiglio passando al setaccio la sua vita privata fa il bene della Nazione? O mettendo alla berlina il nostro Paese sulla scena europea e internazionale provoca un danno più grave del bene cercato? E chi scredita il Presidente della Camera e i pm fa un favore agli italiani o concorre ad esacerbare un clima di disordine, di confusione e di lotta? Il bene del Paese per chi giura fedeltà alla nazione dovrebbe essere più grande dei "particulari" di guicciardiana memoria. Forse è venuto il momento di cercare una nuova identità politica e culturale che alla lotta personale antepoga il rispetto dell'uomo. Non sarebbe male creare come per certi ordini professionali una deotologia dei politici, penso che sarebbe sano e, scongiurerebbe, forse certe lotte senza esclusioni di colpi che ci danno l'impressione che sia venuta drammaticamente meno la famosa separazione dei poteri di Montesquieu e con essa la possibilità di una vita democratica serena.
Pier Vincenzo Rosiello