domenica 25 settembre 2011

Diocesi di Sabina - Poggio Mirteto: insediamento del vescovo Mandara

Il nuovo vescovo della diocesi suburbicaria Sabina - Poggio Mirteto, Mons. Ernesto Mandara, si è insediato oggi nella cattedrale di Poggio Mirteto, dopo essere stato accolto dal sindaco del Comune sul sagrato della chiesa di San Rocco che domina la piazza comunale, salutato da trenta Carabinieri guidati da un ufficiale che gli hanno reso gli onori. 
Il vescovo, accompagnato dal Card. Giovanni Battista Re, titolare della Chiesa suburbicaria Sabina - Poggio Mirteto, dal Card. Agostino Vallini, vicario Generale di Sua Santità,  e da Mons. Lino Fumagalli, ora vescovo di Viterbo e suo predecessore nella direzione della diocesi sabina. Erano presenti il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, il prefetto di Rieti, numerosi sindaci della Sabina e alcuni vescovi amici di Mons. Mandara, tra cui il vescovo di Albano, Mons. Marcello Semeraro.
Nel suo discorso pronunciato ai presenti, il nuovo vescovo di Sabina – Poggio Mirteto, ha manifestato la sua gioia nell’assolvere a questo compito affidatogli dal Santo Padre cominciando dalla conoscenza del territorio, in particolare di Poggio Mirteto dove ha sede la Cattedrale e la sua nuova residenza.
Un corteo preceduto dalla festosa banda dei garibaldini ha seguito il nuovo vescovo fin dentro la cattedrale, dove si è svolta la celebrazione solenne del suo insediamento.
Pier Vincenzo Rosiello

mercoledì 14 settembre 2011

L’unità sindacale: una manovra strategica a difesa dei diritti dei lavoratori

La crisi finanziaria, che sta interessando tutta l’euro-zona, richiede sacrifici soprattutto alle economie dei Paesi con più alto debito pubblico costringendoli a varare norme allo scopo di pareggiare il bilancio, pena la perdita di credibilità sui mercati, che, specie in questi ultimi anni, sono stati caratterizzati dal segno negativo. Una crisi globale questa che evidenzia l’aspetto più deteriore delle società occidentali la loro anima capitalistica e iper-produttiva regolata dalle spietate leggi della concorrenza in nome di una smisurata libertà incurante di schiacciare l’altro pur di salvare il proprio interesse. Siffatto consorzio umano assomiglia a una bestia apocalittica “bella e senz’anima”: dove sono finiti i valori che hanno reso grande la cultura occidentale? Dov’è l’humanitas e la pietas? Dove la justitia e la fides? Non si trova nessun Catone pronto a difendere il mos majorum? Nessun Mario, nessun Gracco pronto a lottare per il più debole? La classe politica ormai legifera e governa con lo sguardo rivolto in basso alla borsa e al portafoglio, incapace di protendersi verso alti ideali.
Si procede con slogan per impressionare gli elettori ed emozionare l’opinione pubblica in modo da spingerla nella direzione voluta. E il mondo dell’informazione è complice di questo turpe gioco, a volte dando inconsapevolmente la nota attesa agli speculatori finanziari. Non c’è dubbio la ricetta più semplice in tempi di crisi è tagliare il personale, ridurre i costi della manodopera calpestando i diritti dei lavoratori: il mercato globale vuole questo sacrificio,  chiede che sull’ara vengano immolate tante famiglie e date in pasto alla disperazione e alla miseria. I contratti di lavoro perdono quelle garanzie conquistate con i denti dai nostri padri. E noi assistiamo inermi? Quale magra eredità lasceremo ai nostri figli? Vogliamo davvero essere ricordati come una generazione imbelle? Se è vero che nel terzo millennio, epoca della globalizzazione, il diritto del lavoro è esposto a potenti attacchi tesi ad indebolirlo con il prevalere degli interessi aziendali sulla stessa dignità dei lavoratori, è pur vero che questa visione del mondo cozza con i principi fondamentali della nostra Costituzione, che fonda la stessa Repubblica sul lavoro.
I sindacati hanno un compito di vitale importanza in questo momento, devono combattere insieme uniti per difendere i diritti dei lavoratori, che è la loro stessa ragione d’essere, la loro mission, cioè quella di portare la giustizia nel mondo del lavoro (sindacato viene dalla parola greca syn dike ovvero con giustizia). Ma se come spesso accade prevalgono i protagonismi e le divisioni su questo disegno unitario allora il sindacato deve rassegnarsi a una inevitabile sconfitta, tradendo la propria vocazione in nome del proprio particulare.
Questo appello a ritrovare un’unità di intenti nelle azioni sindacali è l’unica medicina contro la disaffezione di tanti iscritti che non vedono più nel sindacato un paladino dei loro diritti ma un’organizzazione autoreferenziale che vuole conservare, così come i politici, i propri privilegi di casta.
Il fatto che con la nuova manovra finanziaria si sia giunti a sancire il licenziamento senza giusta causa – anche se la Camera ha impegnato il Governo con un ordine del giorno a valutare una revisione del tanto contestato articolo 8 – con l’accordo dei sindacati più rappresentativi, è percepito da alcuni lavoratori come un’arma di ricatto messa dal Governo nelle mani dei sindacati più forti per fare iscritti. Tutto questo è scandaloso. Ma è scandaloso anche che le sigle, così dette minori, non si uniscano, mettendo da parte i loro protagonismi personali, per gridare con una sola voce il loro dissenso.
E così mentre la Cgil, ormai divisa da Cisl e Uil, combatte da sola la sua battaglia ideologica e politica, il Governo ha mano facile per fare ciò che vuole, perché non si trova a combattere contro un mondo sindacale unito, ma attraversato da profonde divisioni, ovvero un soggetto debole e incapace di organizzare una difesa efficace.
I dipendenti pubblici sono così oggetto di una politica di tagli dissennati inferti senza colpo ferire sotto il vessillo della crisi e della lotta ai fannulloni.
Quanti dipendenti pubblici monoreddito e con il mutuo da pagare, che fanno il proprio lavoro ogni giorno, riusciranno a sbarcare il lunario con uno stipendio medio di 1.250 euro mensili? Mentre tanti politici prendono migliaia di euro d’indennità e di pensione?
Non voglio dare la risposta perché è lapalissiana. Penso che i politici dovrebbero farsi un bel esame di coscienza perché stanno caricando i lavoratori dipendenti, in primis quelli pubblici, di pesi che loro non toccano nemmeno con un dito.
Nel mondo della giustizia vi è poi la misura dell’accorpamento con la mobilità coatta del personale. Il sindacato dovrà chiedere urgentemente un tavolo di contrattazione perché non si possono prendere misure simili fuori dall’istituto della contrattazione con le parti interessate. 
PVR