sabato 1 agosto 2009

Prima celebrazione del Card. Agostino Vallini da Vicario Generale del Papa

Il Cardinale Agostino Vallini ha celebrato domenica, 13 luglio 2008, la sua prima messa da Vicario Generale del Papa per la diocesi di Roma nella chiesa parrocchiale di Santa Maria in Traspontina dove, come ogni anno, sono in corso i festeggiamenti in onore della Madonna del Carmine.
Appena entrato nella splendida chiesa di Santa Maria in Traspontina – che ospita in una cappella dedicata ai santi Pietro e Paolo le preziose colonne dove secondo la tradizione furono flagellati i due apostoli prima del martirio – insieme al parroco padre Piero Leta, il porporato è stato accolto dai fedeli con manifestazioni di gioia e di affetto.
Il Cardinale Vallini ha invitato la comunità parrocchiale alla vicinanza verso coloro che soffrono a causa della solitudine e della malattia o che vivono in condizioni d’indigenza. Ha esortato poi l’assemblea a vivere sull’esempio di Maria, di cui si celebra la festa, accogliendo la Parola di Dio senza paura.
“Ognuno di voi – ha evidenziato il porporato – nella sua situazione di vita deve poter dire di non aver paura in quanto ha Maria per madre, ha Maria come modello. Non ha una Maria delle situazioni di vita facili e gioiose, ma ha Maria sotto la croce. Nel fondo del nostro animo di credenti dovrebbe echeggiare sempre l’espressione “non temere”, in un progressivo atteggiamento d’accoglienza della parola di Dio che rinnova la vita e che ci dà pace”. In questo quadro “anche la vicenda misteriosissima della morte ci dona pace perché nel Signore anche allora c’è il “non temere”. Sì, perché la morte non è l’ultima parola della nostra vita, è la penultima, l’ultima è la vita eterna, è il paradiso”.
“Fratelli e sorelle, non temete – ha concluso il Cardinale Vicario – e, siccome la potenza che vince il timore è l’amore di Dio Spirito Santo, noi sappiamo che nel pane e nel vino per l’invocazione di quello Spirito si fa presente per noi il corpo e il sangue del Signore Vivente, Risorto, la forza della nostra vita. Dobbiamo essere sicuri che il Signore è con noi. Vi auguro di contemplare Maria e di sentire questa pace nel cuore insieme alla spinta verso il nostro futuro, i nostri giorni sostenuti dalla certezza che ogni parola di Dio è come la pioggia che cade e nell’anima nostra porterà i suoi frutti”.

di Pier Vincenzo Rosiello

La vocazione divina dell’uomo e del mondo

L’Essere divino è unico ma non vive in solitudine, la sua natura trinitaria è tale da salvaguardare la propria unità e unicità nella molteplicità delle tre persone che la compongono. Non si tratta certo di un mostro a tre teste. È invece una figura che rimanda alla perfetta comunione tra il Padre e il Figlio con lo Spirito Santo, così come il triangolo equilatero che pur essendo composto da tre linee uguali ma distinte forma un’unica figura geometrica. È evidente che l’unione di due elementi uguali è resa possibile solo dalla interposizione di un terzo elemento anch’esso uguale che ne determina l’unità.
Dal punto di vista biologico ad esempio l’uomo ha cognizione del fatto di essere composto dalla fusione di due cellule una contenuta nel seme dell’uomo e l’altra nell’utero della donna, che replicandosi producono il suo essere corporeo. In natura la decadenza porta alla rottura di questa unione, alla disgregazione e quindi alla morte. La stessa cosa vale anche a livello sociale.
La famiglia è lo sviluppo dell’essere umano, che trova in essa la sua unità originaria, “essendo i due – recita la Bibbia – una sola carne”. Un’unità quindi che per forza di cose deve essere indissolubile. Se questo essere si divide, la sua vita si proietta automaticamente in una dimensione di disgregazione e di desolante solitudine.
In questo quadro il tentativo di comporre nuovamente il proprio essere con un’altra donna o un altro uomo, magari costituendo una nuova famiglia non fa che rafforzare lo stato di rottura iniziale e la propria desolante deriva verso il nulla.
Quando il due non produce unità è sinonimo di opposizione e di divisione. Non a caso le corna, simbolo dell’infedeltà coniugale, sono due e sono attributi del maligno, che seduce l’uomo con le sue arti e lo porta al peccato e alla morte. Anche la guerra, in latino bellum da duellum (lotta tra due), nasce dalla scontro per il predominio sull’altro: Caino uccide Abele e Romolo uccide Remo.
L’opportunità che offre il sacramento del matrimonio ai cristiani è quella di divenire, con l’aiuto della preghiera e della grazia divina, una cosa sola a immagine della natura trinitaria di Dio, che trova nell’unione perfetta del Padre con il Figlio e lo Spirito Santo la sua massima esemplificazione. In quest’ottica il matrimonio rappresenta – come il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II ha scritto nella Familiaris consortio – una strada di santità, grazie alla quale l’uomo si avvicina sempre di più a Dio, fino ad uniformarsi alla sua natura divina, eterna e incorruttibile. I beati coniugi Beltrame Quattrocchi risplendono come modelli da seguire e possono essere fonte di incoraggiamento per tanti sposi, nella consapevolezza che la propria vita coniugale per quanto brutta possa essere è sempre fonte di santificazione agli occhi di Dio.
La comunione trinitaria, dunque, è l’impronta soprannaturale – in quanto rimanda all’intima natura divina – che Dio ha voluto imprimere nell’uomo come suo marchio e sigillo.
D'altronde tutto quello che è nell’Universo nasce dall’unione, dall’aggregazione di particelle che formano la materia. Chi dice a queste particelle di unirsi e di restare unite in date quantità e proporzioni non lo sa nessuno. Ma forse anche esse seguono la stessa legge divina che porta una a ricomporre nell’altra la propria unità, come le tessere di un puzzle in cui ogni singolo elemento occupa il proprio posto, unico e insostituibile, all’interno della composizione. Provate a togliere una o più tessere da un puzzle e vedrete che l’immagine rappresentata andrà gradualmente perdendo definizione, fino a perdersi e a scomparire.
Ogni cosa ha il proprio equilibrio stabilito in nuce da Dio stesso, equilibrio che noi possiamo percepire attraverso la bellezza della cosa creata. Ecco perché la bellezza dell’Universo è il segno tangibile dell’esistenza e della presenza di Dio. Ogni creatura infatti tende a raggiungere il suo Creatore, la sua perfezione, la sua bellezza. Allo stesso modo noi uomini.
La famiglia – e per riflesso la Chiesa intesa come famiglia di famiglie unite insieme dallo Spirito Santo intorno a Cristo che è una cosa sola con Dio Padre – sono il laboratorio scelto dall’Altissimo per dare pienezza a quella che è la sua creatura più complessa perché fatta a sua immagine e somiglianza: l’uomo. In questo posto segreto di alta alchimia, infatti, l’essere umano cresce fisicamente, affettivamente, mentalmente e spiritualmente imparando a conoscere e a praticare la carità nella verità, di cui parla Papa Benedetto XVI nella sua ultima enciclica “Caritas in Veritate”.
Pertanto la società civile, così come fa la Chiesa, dovrebbe salvaguardare e favorire in ogni modo la realtà domestica, dipendendo da essa la sua stessa vita. Se le famiglie sono sane, lo sono anche i singoli individui che compongono la società e svolgono un ruolo in seno ad essa. Tutto ciò che allontana la famiglia dalla sua vocazione divina alla santità, nella unità, nella pace e nell’amore reciproco non è bene per nessuno.
Anche chi non crede percepisce nella famiglia un valore imprescindibile per la sua vita e, attraverso di esso, può sperimentare anche lui l’amore vero di Dio.
Modelli alternativi di famiglia, magari omosessuali, frutto di aggregazioni di pezzi di altre unioni o aperte alla poligamia e all’adulterio programmato, allontanano l’uomo dalla sua vocazione divina, che investe e anima – come abbiamo osservato – tutto l’universo creato che segue pro fysei l’ordine impresso ad esso dal suo Creatore.
Rispettare la vita in tutte le sue forme e stadi significa rispettare e collaborare al progetto divino; l’uomo è chiamato a costruire la “città dell’uomo” con lo sguardo rivolto verso “la città di Dio”, questa sintonia ci farà pregustare la gioia del Regno del Signore a cui siamo stati introdotti grazie al mistero di redenzione di Gesù Cristo che ci ha resi partecipi della sua stessa natura divina.
Pier Vincenzo Rosiello