La libertà di opinione, di parola e di informazione non possono essere sacrificate sull’ara di un’ Europa “matrigna” che chiede la riforma degli Ordini professionali ad ogni costo per soddisfare i demoni dei mercati finanziari, compreso quello dei giornalisti.
L’Ordine dei giornalisti che si vorrebbe abolire se non riformato entro agosto porterebbe alla soppressione dell’elenco dei pubblicisti, ma ciò finirebbe inevitabilmente con il limitare il pluralismo e quindi la libertà dell’informazione stessa. Una riforma, se proprio va fatta, deve tutelare i diritti acquisiti sia dei giornalisti professionisti sia dei pubblicisti, perché entrambi svolgono una funzione altrettanto importante per una corretta, efficace ed efficiente informazione. Oserei dire che la loro azione è complementare; se si vogliono evitare le differenze, tra professionisti e pubblicisti, con la costituzione di un elenco unico questo non può avvenire con la soppressione degli elenchi già esistenti ma al massimo rendendo questi ultimi ad esaurimento e nel contempo prevedendo nuove forme di accesso alla professione per le nuove leve, magari un titolo di studio adeguato e quant’altro.
L’orientamento verso la liberalizzazione dell’Ordine dei giornalisti non deve tradursi in chiusura e nel consolidamento di una classe di privilegiati, “i professionisti” appunto che hanno la possibilità economica di frequentare scuole costosissime o il praticantato grazie ad amicizie e altro.
L’esercizio della professione giornalistica non può, per sua natura, essere soggetto a limitazioni di sorta, mantenere i due elenchi soddisfa il principio di pluralismo e di libertà, fare un elenco unico indebolirebbe questa libertà laddove la riforma dovrebbe portare invece a una maggiore apertura.
Come si può ammettere, anche solo in teoria, la ventilata ipotesi di impedire ai pubblicisti attuali di svolgere il loro diritto dovere di informare? Lo hanno fatto finora e, pertanto, non può essere loro impedito; questa sarebbe un’intollerabile violenza, un vulnus alla stessa democrazia. A tal proposito ricordiamo i sacrosanti principi che sono alla base della nostra società libera e democratica l’art. 21 della Costituzione italiana, ma anche l’art. 11 della Carta dei diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Pier Vincenzo Rosiello