venerdì 18 dicembre 2009

Il Cristianesimo non è una decorazione di Natale

Essere cristiani comporta impegni, doveri e scelte radicali di comportamento. Se è vero che la legge suprema è l’amore che ci fa liberi e pur vero che questo amore non è la soddisfazione dei nostri desideri o peggio dei nostri appetiti; l’amore cristiano è fedeltà al Vangelo annunciato da Cristo attraverso la preghiera, la penitenza e il perdono. È questa la chiave che ci apre il Regno dei cieli. Purtroppo il cristiano moderno, colto e postmoderno, pensa che l’amore non abbia bisogno di leggi, un po’ come canta la protagonista della Bohème di Bizet che si è recentemente esibita alla scala di Milano – l’amour est un enfant de bohème il n’a  jamais jaimais connu de lois – e che basti l’amore a giustificarci davanti a Dio. Ma l’amore per essere autentico deve rispecchiare l’armonia trinitaria di Dio ed è dunque una tensione infinita verso la santità: Gesù ci ha detto che dobbiamo essere buoni come buono è il Padre nostro che è nei cieli. L’amore, dunque, è principalmente un dono divino, una chiamata alla santità per rispondere alla quale dobbiamo essere pronti alla rinuncia e al sacrificio allo scopo di preservare questo dono con la nostra fedeltà. Solo se faremo questo potremo gustare la gioia vera e vivere nella vera libertà. Festeggiare il Natale allora non vuol dire emozionarsi davanti all’albero di Natale, tutto luccicante di luci colorate ed esclamare che a Natale si può fare quello che durante l’anno non si può e … non si capisce bene cosa … anche se a pronunciare queste parole sono dei bambini. Sarebbe meglio rispettare l’infanzia, tutelarla dalle violenze di questa società opulenta e corrotta piuttosto che venderla per fare soldi con messaggi pubblicitari … purtroppo ancora oggi sono sempre gli innocenti a pagare per gli adulti … ancora oggi tanti Erodi non esitano a sacrificare i bambini per i propri comodi. Festeggiare il Natale vuol dire adorare il bambino che nasce, la vita che si rinnova, la famiglia umana che accoglie il suo Signore e si riunisce per cantarne le lodi. Davvero il Natale è molto più importante di una bella decorazione, è il giorno in cui la storia umana trova la sua pienezza, in quanto il Verbo divino si incarna, diventa uomo. Adorare il bambino che nasce, il figlio di Dio questo è il Natale.

sabato 1 agosto 2009

Prima celebrazione del Card. Agostino Vallini da Vicario Generale del Papa

Il Cardinale Agostino Vallini ha celebrato domenica, 13 luglio 2008, la sua prima messa da Vicario Generale del Papa per la diocesi di Roma nella chiesa parrocchiale di Santa Maria in Traspontina dove, come ogni anno, sono in corso i festeggiamenti in onore della Madonna del Carmine.
Appena entrato nella splendida chiesa di Santa Maria in Traspontina – che ospita in una cappella dedicata ai santi Pietro e Paolo le preziose colonne dove secondo la tradizione furono flagellati i due apostoli prima del martirio – insieme al parroco padre Piero Leta, il porporato è stato accolto dai fedeli con manifestazioni di gioia e di affetto.
Il Cardinale Vallini ha invitato la comunità parrocchiale alla vicinanza verso coloro che soffrono a causa della solitudine e della malattia o che vivono in condizioni d’indigenza. Ha esortato poi l’assemblea a vivere sull’esempio di Maria, di cui si celebra la festa, accogliendo la Parola di Dio senza paura.
“Ognuno di voi – ha evidenziato il porporato – nella sua situazione di vita deve poter dire di non aver paura in quanto ha Maria per madre, ha Maria come modello. Non ha una Maria delle situazioni di vita facili e gioiose, ma ha Maria sotto la croce. Nel fondo del nostro animo di credenti dovrebbe echeggiare sempre l’espressione “non temere”, in un progressivo atteggiamento d’accoglienza della parola di Dio che rinnova la vita e che ci dà pace”. In questo quadro “anche la vicenda misteriosissima della morte ci dona pace perché nel Signore anche allora c’è il “non temere”. Sì, perché la morte non è l’ultima parola della nostra vita, è la penultima, l’ultima è la vita eterna, è il paradiso”.
“Fratelli e sorelle, non temete – ha concluso il Cardinale Vicario – e, siccome la potenza che vince il timore è l’amore di Dio Spirito Santo, noi sappiamo che nel pane e nel vino per l’invocazione di quello Spirito si fa presente per noi il corpo e il sangue del Signore Vivente, Risorto, la forza della nostra vita. Dobbiamo essere sicuri che il Signore è con noi. Vi auguro di contemplare Maria e di sentire questa pace nel cuore insieme alla spinta verso il nostro futuro, i nostri giorni sostenuti dalla certezza che ogni parola di Dio è come la pioggia che cade e nell’anima nostra porterà i suoi frutti”.

di Pier Vincenzo Rosiello

La vocazione divina dell’uomo e del mondo

L’Essere divino è unico ma non vive in solitudine, la sua natura trinitaria è tale da salvaguardare la propria unità e unicità nella molteplicità delle tre persone che la compongono. Non si tratta certo di un mostro a tre teste. È invece una figura che rimanda alla perfetta comunione tra il Padre e il Figlio con lo Spirito Santo, così come il triangolo equilatero che pur essendo composto da tre linee uguali ma distinte forma un’unica figura geometrica. È evidente che l’unione di due elementi uguali è resa possibile solo dalla interposizione di un terzo elemento anch’esso uguale che ne determina l’unità.
Dal punto di vista biologico ad esempio l’uomo ha cognizione del fatto di essere composto dalla fusione di due cellule una contenuta nel seme dell’uomo e l’altra nell’utero della donna, che replicandosi producono il suo essere corporeo. In natura la decadenza porta alla rottura di questa unione, alla disgregazione e quindi alla morte. La stessa cosa vale anche a livello sociale.
La famiglia è lo sviluppo dell’essere umano, che trova in essa la sua unità originaria, “essendo i due – recita la Bibbia – una sola carne”. Un’unità quindi che per forza di cose deve essere indissolubile. Se questo essere si divide, la sua vita si proietta automaticamente in una dimensione di disgregazione e di desolante solitudine.
In questo quadro il tentativo di comporre nuovamente il proprio essere con un’altra donna o un altro uomo, magari costituendo una nuova famiglia non fa che rafforzare lo stato di rottura iniziale e la propria desolante deriva verso il nulla.
Quando il due non produce unità è sinonimo di opposizione e di divisione. Non a caso le corna, simbolo dell’infedeltà coniugale, sono due e sono attributi del maligno, che seduce l’uomo con le sue arti e lo porta al peccato e alla morte. Anche la guerra, in latino bellum da duellum (lotta tra due), nasce dalla scontro per il predominio sull’altro: Caino uccide Abele e Romolo uccide Remo.
L’opportunità che offre il sacramento del matrimonio ai cristiani è quella di divenire, con l’aiuto della preghiera e della grazia divina, una cosa sola a immagine della natura trinitaria di Dio, che trova nell’unione perfetta del Padre con il Figlio e lo Spirito Santo la sua massima esemplificazione. In quest’ottica il matrimonio rappresenta – come il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II ha scritto nella Familiaris consortio – una strada di santità, grazie alla quale l’uomo si avvicina sempre di più a Dio, fino ad uniformarsi alla sua natura divina, eterna e incorruttibile. I beati coniugi Beltrame Quattrocchi risplendono come modelli da seguire e possono essere fonte di incoraggiamento per tanti sposi, nella consapevolezza che la propria vita coniugale per quanto brutta possa essere è sempre fonte di santificazione agli occhi di Dio.
La comunione trinitaria, dunque, è l’impronta soprannaturale – in quanto rimanda all’intima natura divina – che Dio ha voluto imprimere nell’uomo come suo marchio e sigillo.
D'altronde tutto quello che è nell’Universo nasce dall’unione, dall’aggregazione di particelle che formano la materia. Chi dice a queste particelle di unirsi e di restare unite in date quantità e proporzioni non lo sa nessuno. Ma forse anche esse seguono la stessa legge divina che porta una a ricomporre nell’altra la propria unità, come le tessere di un puzzle in cui ogni singolo elemento occupa il proprio posto, unico e insostituibile, all’interno della composizione. Provate a togliere una o più tessere da un puzzle e vedrete che l’immagine rappresentata andrà gradualmente perdendo definizione, fino a perdersi e a scomparire.
Ogni cosa ha il proprio equilibrio stabilito in nuce da Dio stesso, equilibrio che noi possiamo percepire attraverso la bellezza della cosa creata. Ecco perché la bellezza dell’Universo è il segno tangibile dell’esistenza e della presenza di Dio. Ogni creatura infatti tende a raggiungere il suo Creatore, la sua perfezione, la sua bellezza. Allo stesso modo noi uomini.
La famiglia – e per riflesso la Chiesa intesa come famiglia di famiglie unite insieme dallo Spirito Santo intorno a Cristo che è una cosa sola con Dio Padre – sono il laboratorio scelto dall’Altissimo per dare pienezza a quella che è la sua creatura più complessa perché fatta a sua immagine e somiglianza: l’uomo. In questo posto segreto di alta alchimia, infatti, l’essere umano cresce fisicamente, affettivamente, mentalmente e spiritualmente imparando a conoscere e a praticare la carità nella verità, di cui parla Papa Benedetto XVI nella sua ultima enciclica “Caritas in Veritate”.
Pertanto la società civile, così come fa la Chiesa, dovrebbe salvaguardare e favorire in ogni modo la realtà domestica, dipendendo da essa la sua stessa vita. Se le famiglie sono sane, lo sono anche i singoli individui che compongono la società e svolgono un ruolo in seno ad essa. Tutto ciò che allontana la famiglia dalla sua vocazione divina alla santità, nella unità, nella pace e nell’amore reciproco non è bene per nessuno.
Anche chi non crede percepisce nella famiglia un valore imprescindibile per la sua vita e, attraverso di esso, può sperimentare anche lui l’amore vero di Dio.
Modelli alternativi di famiglia, magari omosessuali, frutto di aggregazioni di pezzi di altre unioni o aperte alla poligamia e all’adulterio programmato, allontanano l’uomo dalla sua vocazione divina, che investe e anima – come abbiamo osservato – tutto l’universo creato che segue pro fysei l’ordine impresso ad esso dal suo Creatore.
Rispettare la vita in tutte le sue forme e stadi significa rispettare e collaborare al progetto divino; l’uomo è chiamato a costruire la “città dell’uomo” con lo sguardo rivolto verso “la città di Dio”, questa sintonia ci farà pregustare la gioia del Regno del Signore a cui siamo stati introdotti grazie al mistero di redenzione di Gesù Cristo che ci ha resi partecipi della sua stessa natura divina.
Pier Vincenzo Rosiello

lunedì 29 giugno 2009

Fede, ragione e scienza: un’alleanza di saperi

Per comprendere appieno la realtà moderna e fornire risposte efficaci ai problemi e ai bisogni della società, la cultura europea ha bisogno di “allargare gli orizzonti della razionalità” avviando una nuova stagione, in cui sapere scientifico, ragione filosofica e ragionevolezza sapienziale possano concorrere insieme alla creazione di un nuovo umanesimo.
In questo quadro la filosofia è chiamata a svolgere un ruolo decisivo con la promozione di percorsi di ricerca tali da coinvolgere le altre discipline, in particolare la teologia e la scienza, in un dialogo aperto e libero da pregiudizi. Una sfida ardua ma possibile, un’urgenza storica di cui la fede cristiana deve farsi carico per rispondere a “un desiderio di pienezza di umanità” che non può essere disatteso.
Questo il tema di fondo del sesto Simposio europeo dei docenti universitari – organizzato dall’Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato di Roma – svoltosi dal 5 all’8 giugno 2008 a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense che ha visto la partecipazione di circa 400 accademici provenienti da 26 Paesi.
La cerimonia inaugurale si è svolta giovedì in Campidoglio. Hanno rivolto i loro saluti il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, i presidenti di Regione e Provincia, Piero Marazzo e Nicola Zingaretti, il sindaco di Roma Gianni Alemanno.
Il convegno è stato introdotto dal Cardinale vicario Camillo Ruini e dal presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli. Sono seguite le lezioni magistrali di Jean-Luc Marion dell’Università di Parigi “La Sorbonne”, di Peter Koslowski dell’Università di Amsterdam e di Ugo Amaldi del Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire. Sabato gli accademici sono stati ricevuti in udienza speciale da Papa Bendetto XVI in Vaticano e domenica a conclusione del convegno hanno partecipato alla messa presieduta dall’Arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della cultura.
A margine del simposio abbiamo rivolto alcune domande a mons. Lorenzo Leuzzi, direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato di Roma.

Quale messaggio scaturisce dal convegno?
“I docenti universitari europei avvertono la necessità di un rilancio della filosofia con la convinzione che la realtà non può essere interpretata in chiave unilaterale ma che occorre un lavoro interdisciplinare, in quanto la ragione non è autosufficiente. Solo così si potranno superare gli errori commessi nel Novecento”.

Qual è la posizione del mondo della cultura europea rispetto al fenomeno dell’immigrazione “irregolare” e a quello dell’impoverimento delle famiglie?
“Io penso che il vero problema oggi è che la cultura contemporanea europea non ha al momento le categorie sufficienti per dare risposte esaurienti e orientare i bisogni della società. Credo che si possano individuare soluzioni tampone per questo o quel problema, come appunto la crisi economica o l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati. Se vogliamo però affrontare sul serio questi problemi è necessario riflettere molto in profondità su qual è la capacità dell’uomo contemporaneo di comprendere la realtà. Soprattutto è bene capire se esiste ancora uno spazio in cui quei valori che la cultura illuministica ha portato avanti – in particolare l’idea dell’uomo protagonista e veramente capace di costruire la propria esistenza – sono ancora attuabili”.

Inquinamento ambientale e caro greggio spingono verso fonti energetiche alternative. Cosa ne pensa del nucleare?
“Non conosco quali possono essere i vantaggi o gli svantaggi del nucleare. Una cosa è certa bisogna rendersi conto dei bisogni reali di una comunità e a partire da questi fornire soluzioni senza pregiudizi, anche se qualche volta questo può comportare sacrifici da parte di questa o di quella popolazione. Certamente i problemi vanno visti nella loro globalità e animati dal senso per il bene comune. Purtroppo resistono ancora pregiudizi ideologici e questo credo che non aiuterà a risolvere i grandi problemi, come quello della crisi energetica e, più in generale, della crisi economica. Ormai la cultura viaggia verso la liberazione dai pregiudizi e quindi verso la necessità di affrontare le diverse situazioni non con pragmatismo ma con senso di realismo”.

Esiste una cultura cristiana europea? Qual è la sua vocazione nel contesto politico e sociale?
“Da questo simposio emerge che la cultura cristiana – e soprattutto quella del versante filosofico che poi alla fine è quella trainante – sta uscendo da un certo isolamento e soprattutto da una certa subalternità. Numerosi accademici sono convinti che il Cristianesimo può dare veramente un contributo significativo per rilanciare la filosofia e, dunque, la cultura europea. Credo che solo il Cristianesimo può aiutare la cultura europea a dare un’inversione di tendenza, nel senso cioè di non aver paura dei problemi né tento meno della grande questione della modernità. Penso, come ha affermato il Papa durante l’udienza speciale di sabato, che questa è una responsabilità che appartiene esclusivamente o in larga parte al Cristianesimo".

di Pier Vincenzo Rosiello

mercoledì 29 aprile 2009

La Pasqua e la Risurrezione

Il pilastro della fede cattolica è la risurrezione di Gesù Cristo in anima e corpo. Il Signore Gesù muore sulla croce ma il terzo giorno dopo essere morto risorge con il suo corpo carnale e poi ascende al cielo alla destra di Dio Padre Onnipotente. Successivamente anche Maria, sua madre, risorge con il suo corpo alcuni giorni dopo essere morta – 15 giorni, secondo quanto Santa Brigida di Svezia scrive; la stessa Vergine Santissima le rivelò questo durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa presso la tomba della Madonna ai piedi del Monte degli Ulivi (l’8 settembre 1372) – e poi come suo Figlio ascende al cielo. Secondo un’altra tradizione, invece, la Beata Vergine non sarebbe morta ma si sarebbe soltanto addormentata – infatti alcuni parlano di dormitio Virginis – e quindi sarebbe ascesa al cielo senza conoscere la morte del corpo. Al contrario sia gli apostoli sia i discepoli del tempo di Gesù muoiono e non risorgono, così come tutti i santi, i sacerdoti, i diaconi e gli altri fedeli. Come mai? Eppure è dogma della fede che i credenti con il Battesimo partecipano della morte e risurrezione di Cristo e nel Credo si manifesta la fede nella risurrezione della carne. Allora come mai nessuno è mai risorto con il proprio corpo? Una prova di questa non risurrezione sono tutti i corpi dei santi riesumati, come quello di San Pio da Pietralcina.
Si crede che la risurrezione della carne avrà luogo quando il Signore tornerà a giudicare i vivi e i morti, quando ci saranno cieli nuovi e terra nuova. Ma esiste una spiegazione a questa scelta di Dio? Per capirne la ragione bisogna entrare nella mentalità ebraica del concetto del popolo di Dio, della salvezza e del peccato, concezione che si trasmette al cristianesimo delle origini e continua fino ai giorni nostri.
Il popolo per gli ebrei è considerato un corpo unico, tanto che la salvezza o la dannazione possono essere trasmessi a tutto il corpo anche da un solo membro. È il caso di Adamo ed Eva che commettendo il peccato originale, rappresentato nella Bibbia con la tentazione del serpente nel giardino di Eden e il frutto proibito, trasmettono la dannazione e la morte a tutti gli uomini e le donne. Ma è anche il caso di Gesù Cristo, non a caso chiamato da Paolo di Tarso nuovo Adamo, in quanto con il suo sacrificio perfetto – la sua passione, morte e risurrezione – trasmette a tutti gli uomini, e in particolare alla sua Chiesa – intesa come comunità di battezzati e, quindi, popolo di Dio – la salvezza, la vita eterna oltre la morte. Ma anche di Maria, nuova Eva, che accettando il mistero dell’Incarnazione di Dio, l’Emmanuele, nel suo grembo Immacolato, sciaccia il capo al serpente datore di morte e diviene corredentrice dell’umanità.
Il corpo mistico di Cristo è la Chiesa, che trasforma i figli del mondo in figli della luce, cioè di Dio, perciò questo corpo fatto di santi e peccatori dovrà salvarsi tutto insieme e risorgere insieme, nello stesso momento, proprio perché unico.
Ecco perché nessun santo è ancora risorto ma risorgerà quando Gesù sarà tutto in tutti e i principati, le dominazioni e ogni cosa sarà sottomessa al “Figlio dell’Uomo” assiso alla destra di Dio Padre Onnipotente. Quando questo avverrà non lo sappiamo ma sappiamo quando non avverrà ovvero finché tutto il corpo mistico di Cristo – tutti coloro che Dio Padre chiama alla sequela del suo Figlio unigenito nel quale si è compiaciuto – non sarà riscattato dal peccato, solo allora sarà rigenerato a nuova vita, solo allora Gesù si manifesterà nella sua gloria e, in comunione con il Padre e lo Spirito Santo, farà risorgere i corpi di tutti i battezzati che si sono addormentati nel sonno della morte.
Allora la Pasqua del Signore – il passaggio dalla morte alla vita – sarà completa, poiché Lui è l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo di coloro che risorgono.

Pier Vincenzo Rosiello